La sostenibilità è una tematica che ha fatto prepotentemente irruzione nel mondo della moda e che ha imposto ai retailer un cambio radicale del loro approccio a questo settore. I motivi sono tanti: dagli sconvolgimenti climatici alla crescente pressione normativa per l’adeguamento alle politiche mondiali eco-friendly, fino alla sensibilità ambientale dei consumatori.
Nel 2020 il settore tessile è stato la terza fonte di degrado delle risorse idriche e dell’utilizzo del suolo, e si stima che sia responsabile di circa il 20% dell’inquinamento globale dell’acqua potabile per via dei processi ai quali sono sottoposti i prodotti, come la tintura e la finitura. Inoltre il lavaggio di capi sintetici rilascia ogni anno 0,5 milioni di tonnellate di microfibre nei mari.
Questi sono solo alcuni numeri, ma sono abbastanza esaustivi per capire quanto sia impattante la moda sull’ambiente circostante. Per i retailer abbracciare la sostenibilità non significa solo contribuire a un futuro più green, ma anche essere più competitivi su un mercato dove, chi si dimostra attento all’ambiente, conquista più facilmente nuovi clienti. Non sorprende che il 68% dei dirigenti di moda internazionali, come riportato da un articolo di McKinsey, dichiari che “le iniziative di sostenibilità siano diventate una delle prime cinque priorità strategiche”.
Un altro aspetto importante è rappresentato dai comportamenti dei consumatori, infatti l’89% di loro ha cambiato le proprie abitudini per essere più sostenibile, mentre un altro 80% è disposto a pagare un prezzo più alto per prodotti ecosostenibili. In tale ottica il mercato statunitense, che spesso detta trend e tendenze del mercato, cresce il 71% più velocemente del retail tradizionale. Si stima inoltre che il 19,4% della spesa al consumo negli USA sia già destinata a prodotti eco-friendly, con una crescita plausibile fino al 23% nel 2032. Nel 2024 ben 177 milioni di consumatori statunitensi erano acquirenti eco-friendly, vale a dire il 7,44% in più su base annua. Il 72% dei consumatori compra più prodotti eco-friendly rispetto a 5 anni fa e le ricerche online su questi temi sono aumentate del 71%.
Il mercato della moda sostenibile ha avuto una crescita poderosa negli ultimi 5 anni e nel 2024 è stato valutato ben 8,1 miliardi di dollari, pari a circa 7,3 miliardi di euro, con una crescita del 6,5% rispetto all’anno precedente. Si stima che nel 2033 questo mercato può toccare i 33,1 miliardi di dollari (30,1 miliardi di euro), per una crescita costante del 22,9%.
Nel 2023 il Nord America ha trainato questo mercato con una quota del 42,3%. Per quanto riguarda la categoria più gettonata, la prima posizione è occupata dall’abbigliamento con una percentuale del 45,5% nel 2023. Sempre più persone optano per prodotti ecocompatibili che proteggono la biodiversità e che hanno un impatto molto ridotto sull’ambiente. Un altro segmento che l’ha fatta da padrone è stato quello dei tessuti organici, con una percentuale del 39,5%. Per quanto riguarda i canali di distribuzione, viene preferito l’online nel 39,8% dei casi, una tendenza che dovrebbe continuare anche nei prossimi anni. In tale contesto bisogna anche considerare la stretta monetaria che ha reso difficili le condizioni del credito, complici i dazi di Trump e le guerre in corso, ma questo non ha fermato la corsa delle aziende alla sostenibilità. Il 21,6% delle imprese del tessibile, dell’abbigliamento e delle calzature in Italia ha infatti continuato a investire in prodotti e tecnologie green.
Per concludere presentiamo di seguito alcuni esempi pratici di implementazione sostenibile per negozianti del settore moda. Per prima cosa è interessante notare che il segmento del “second-hand” sia cresciuto del 24% a livello mondiale. Piattaforme come Vinted, Depop e Vestiaire Collective hanno conquistato milioni di utenti, contribuendo a ridurre i rifiuti e a prolungare il ciclo di vita dei prodotti. Tale tendenza galoppa anche in Italia: secondo l’Osservatorio Second Hand Economy, realizzato da BVA Doxa per Subito, nel 2024 il 63% della popolazione ha dichiarato di aver acquistato o venduto prodotti usati, con una crescita di 3 punti percentuali rispetto al 2023. Il mercato del “second-hand” in Italia ha raggiunto livelli record, cioè 27 miliardi di euro, pari all’1,2% del PIL italiano.
I grandi brand per primi hanno capito la necessità di una svolta “green” e hanno adottato delle strategie sostenibili che hanno fatto scuola. Ad esempio H&M ha dichiarato che nel 2020 il 64,5% dei materiali utilizzati proveniva da fonti riciclate o sostenibili, con l’obiettivo di arrivare al 100% entro il 2030. Una buona pratica sarebbe adottare fibre certificate (GOTS o Better Cotton) o materiali riciclati, mostrando chiaramente il valore dei prodotti ai clienti. Il 73% dei consumatori è infatti disposto a pagare di più per prodotti sostenibili.
Un’altra iniziativa interessante è stata quella di Mud Jeans, che consente ai clienti di restituire i jeans per apportare delle modifiche. Gli stessi jeans possono essere noleggiati o riparati, dopodiché il cliente decide se sostituirli, riciclarli o tenerli. Prendendo Mud Jeans come modello, si potrebbero offrire sconti o coupon a chi restituisce capi usati e collaborare con negozi locali di seconda mano.
Un altro fattore che incide in modo significativo sull’inquinamento ambientale è il packaging, sul quale si sta lavorando molto. L’uso del packaging eco-friendly è infatti aumentato del 30-45% nel settore moda tra il 2019 e il 2023 e, in tale ottica, si potrebbe sostituire la plastica con materiali compostabili, usare etichette certificate e piantare un albero per ogni confezione venduta.